martedì 10 settembre 2013

Grottesco Nostrano

Liberamente ispirato a fatti (ahimè) realmente accaduti.

In una cittadina di fantasia



Ore concitate per il futuro della scuola paesana, si susseguono colpi di scena da lasciare senza fiato.



Piccola cronaca:
Il sindaco annuncia la chiusura dell'edificio che ospita le scuole elementari. Motivazioni: è stato seriamente lesionato dai terremoti irpini del 1930, 1962 e 1980, da quello dell'Umbria del 1997, dal terremoto del Molise del 2002, da quello di Sumatra del 2004, quindi si agisce tempestivamente ordinando immediatamente lo sgombero di tutti i locali. Il primo cittadino dichiara: "Dal 1993 studiamo le carte, sono finalmente arrivato al rigo dove dicono che la scuola non è antisismica."

La perizia è inclemente: la struttura non può essere riparata, i nani che forgiavano il metallo di cui è composta nella fucina di Stromboli si sono estinti. I 18 milioni di euro della regione sono inutili, non li vogliamo. Dovrà essere lasciata all'abbandono per qualche anno, altrimenti l'edificio delle scuole medie si offende e si sente solo.

L'amministrazione compie tutti gli sforzi per trovare una sistemazione agli alunni in procinto di iniziare l'anno scolastico. Il sindaco dichiara: "Le elementari traslocheranno nelle medie, le medie nell'asilo, l'asilo dal giudice di pace, il giudice di pace da mia nonna." Poi si corregge: "Le elementari traslocheranno nelle medie, l'asilo in un ospizio, il giudice di pace si trova bene con la nonna. Le medie verranno eliminate: iscriveremo i ragazzi, direttamente  e a spese del comune, in un prestigioso istituto privato di istruzione superiore."

Richiamato dal Ministero della Pubblica Istruzione, il sindaco è costretto a rettificare e a trovare soluzioni alternative. Fallite le trattative con il circo Nando Orfei per il fitto di un tendone gigante, si continua con i progetti di spostamenti: le elementari nell'asilo, le medie in un asilo abbandonato, l'asilo nelle medie, il giudice in un ospizio con la nonna.


Colpo di scena! L'amministrazione risolve il problema: trasferire la scuola in altro comune. Il sindaco ai giornali: "Allora sentite questa: le elementari nelle medie e le medie nella casa comunale ma di un altro comune. Guardate, i locali sono bellissimi, hanno l'approvazione mia, del provveditorato, dell'asl, del consiglio d'Europa e di Renzo Piano per le qualità architettoniche sublimi. E pensate che non sono nemmeno dei garages! Il trasporto verrà garantito a mie spese sul nuovo treno magnetico di produzione tedesca." L'assessore all'istruzione tranquillizza i genitori sulla durata della permanenza oltre i confini: "La soluzione sarà temporanea. Resteranno al massimo fino al diploma, poi non saranno più fattacci vostri."


Ancora una svolta nella vicenda: il preside del locale liceo, invidioso della bellezza delle aule ricavate nella casa comunale, mette sul piatto la proposta di fare a cambio. "Voglio che siano i miei studenti a far uso della soluzione temporanea" -dichiara- "le medie si trasferiscano pure, temporaneamente, nel liceo" Il sindaco accoglie la proposta e finanzia i lavori di adeguamento delle ex scuole medie, troppo piccole per ospitare le elementari. Vengono ricavate altre tre aule: una in un vecchio rifugio partigiano, una in cima al campanile, e un'altra distante alcuni isolati dal plesso, nascosta in una cavità naturale ma fornita di magnetizzazione polare per orientare le bussole di cui i ragazzi saranno forniti per rintracciarla.

Il piano però è bloccato: il liceo non è l'unica istituzione ad aver messo gli occhi su quei locali. L'Università degli Studi di Napoli, affascinata, propone di fare a cambio con il rettorato. Palazzo Madama li vuole per tenerci le sedute della giunta per le autorizzazioni. Istituzioni varie, anche molto in alto, inviano richieste ma invano, alla fine si desiste. "Se non può averli il Papa non li avremo nemmeno noi" dichiara il preside. 

Il sindaco, dopo altri sforzi di fantasia e dopo aver rifiutato un'offerta come sceneggiatore di Lost, pronuncia il diktat: "Mi sono rotto le scatole, io sono il sindaco, indosso una fascia, non è possibile che debba inventarmi tutte queste fesserie per farvi contenti! Si fa come cavolo mi pare e basta! O così o niente scuola, tanto c'è la crisi e non troveranno lavoro comunque, che studiano a fare? Mandateli da me che li sistemo."


Sarà finita?
Alla prossima puntata.


Charlot

mercoledì 3 aprile 2013

L'eterno tramonto

Guardando ad ovest, oltre le colline più basse, il chiarore del tramonto sembra non scomparire mai. Resta sempre un enorme alone rosso che illumina pallidamente la notte ed oscura le stelle in quella direzione. Non è un mistero stavolta, è semplice.

Viviamo ai margini dell'area urbana tra le più densamente popolate del mondo, la più grande d'Italia. Quel bagliore è vivo, è segno delle tre milioni di persone che ci vivono, è la lampada sul comodino, sono i fari di una macchina, il lampione sulla strada, le luci del computer di un nottambulo che scrive. Non si può spegnere, è un'aurora permanente, inquinamento luminoso, quasi romantico però, che rende gli astri piccoli piccoli ma che, al pari degli stessi, ci indica la posizione.

Una valle scura che taglia di netto la periferia che diventa provincia, campagna, infilata tra i primi contrafforti dei monti che verso est la fanno da padrone. Un buco. La valle dell'eterno tramonto. Sembra quasi il titolo di un romanzo d'avventura. Ma di quel romanticismo non è riuscita a conservare nulla o quasi.

Può sembrare un'oasi ma non lo è. Poteva essere un luogo incontaminato ma vicino, un'isola ai confini della città ma non è così. In realtà è solo un pezzo dimenticato, isolato, non integrato. Lontano anche se è lì.

E' l'eterno tramonto, declino inesorabile per chi non è riuscito a sfruttare l'essere diverso ed è diventato estraneo, altro, assente.


Speriamo di no, speriamo che passi la nottata.



Nescius

sabato 23 marzo 2013

Casi (parzialmente) risolti




I primi successi per i nostri investigatori di paese.




Vi ricordate la strada in zona PIP scomparsa misteriosamente in seguito alle piogge di marzo? Ebbene, grazie all'interessamento dei detective del nostro blog, sembra che i rei del furto abbiano provato un po' di vergogna restituendo il maltolto.

Ma non solo.
Anche le buche tristemente note agli automobilisti e oggetto dello "sfogo" del nostro amico Giovanni sono state coperte e nascoste (anche se in modo grossolano, ma vabè siamo investigatori mica facciamo miracoli!).




Adesso però: il lago continua ad apparire e scomparire a seconda delle maree.
E ancora: chi ha brutalmente ammazzato il furgoncino lasciandolo inutilizzato per mesi?
Speriamo di poter risolvere anche questi casi, nel frattempo continueremo ad informarvi.

Un punto a favore dell'informazione e della nostra piattaforma on line. A volte anche solo interessarsi fa ottenere risultati.



STAFF GIRAFFA

mercoledì 20 marzo 2013

Cronaca nera




Che fine aveva fatto il camioncino?

Inquietante ritrovamento in piazza Biagi:
è stato ritrovato un furgone della nettezza purtroppo ormai privo di vita. Secondo il rapporto della scientifica il veicolo giaceva lì da mesi, mancante di qualsiasi manutenzione o qualsiasi uso. A giudicare dalle prime indiscrezioni sembrerebbe esserci un filo tra la scomparsa e qualche politico di turno.

Pare infatti che ci fosse un progetto per evitare la raccolta dei rifiuti facendo in modo che le strade si ricoprissero di uno strato di immondizia coprendo così le numerose buche nascenti in ogni zona del paese.
E non è importato il prezzo da pagare: il brutale assassinio di un veicolo innocente, colpevole solo di fare il proprio dovere.

Ma c'è dell'altro: il corpo del furgone appare colpito da atti di violenza e di sciacallaggio. Qualcuno ne ha abusato e qualche sciacallo ha rubato l'aria all'interno delle ruote per rivenderla al mercato nero.
Sta davvero accadendo tutto questo nel nostro piccolo e tranquillo paesino?

Paura eh?


STAFF GIRAFFA



martedì 19 marzo 2013

L'orizzonte degli eventi



Un buco nero è così denso da attrarre qualsiasi cosa. Compresa la luce, perciò è nero. Ed è così potente da deformare lo spazio e risucchiare le stelle. Fin dove arriva la sua forza non esiste nulla, nè il tempo nè la fisica stessa. E' l'orizzonte degli eventi, oltrepassato il quale le leggi comprese dagli uomini vanno a farsi friggere per non riapparire più.

Così è la Circumvesuviana. Una volta attraversato l'orizzonte di una stazione ci si perde nel mistero senza regole e senza tempo, l'oblio degli umani.

Alzarsi la mattina, presto, prestissimo, prima dei barbieri e dei benzinai (ma non dei camionisti che, leggenda vuole, non dormano mai per riposarsi solo tra le braccia di una baldracca nell'area di servizio Tre Ponti Est) è di per se un colpo alla natura. Ma sai che dovrai raggiungere il capoluogo, distante 40 chilometri in linea d'aria ma 1348 miglia nautiche nel particolare conteggio dell'asse viario e ferroviario campano approvato dalla giunta Caldoro. Dopo esserti lavato i denti col deodorante, le ascelle con la mortadella e aver farcito il panino con la saponetta; dopo esserti vestito con una felpa azzurra modello Andre Agassi quando-aveva-icapelli e con un pantalone verde militare residuato della battaglia dell'Isonzo (insomma una mise da far partire una vena nel tronco encefalico di Enzo Miccio), ancora estremamente confuso sei pronto ad affrontare il viaggio in treno.

Ed eccola lì la stazione. Ad un occhio poco allenato potrebbe sembrare squallida e semi abbandonata. In realtà è il cosmodromo di Bajkonur, e in effetti sarebbe più facile raggiungere Napoli con la navetta Sojuz. Ma vabè, questo passa il convento e non vuoi rinunciarci, un po' perchè sei affascinato dal tuo carnefice come affetto da sindrome di Stoccolma, un po' perchè la foto sull'abbonamento è l'unica in cui tu sei venuto decentemente ( non come quella della patente in cui sembri appena tornato da un rave a Vilnius in cui la cosa più leggera che passavano era la varechina) e non vedi l'ora di mostrarla al controllore dal quale ti sei già preso una denuncia per molestie.

 Ancora non completamente sveglio leggi il tabellone degli orari e vedi che il treno è in perfetto orario, che non c'è sciopero e che, probabilmente, il treno non prenderà fuoco tra 4 stazioni. Manifestazioni di magno gaudio sono già ravvisabili in stazione, tu commosso abbracci la signora con la settimana enigmistica, qualcuno fa il bagno nella fontana di Trevi. Così ti siedi e aspetti, piove che dio la manda ma, fanculo, oggi la vesuviana arriva in orario e per te c'è il sole. Quello che non sai è che, per fare un favore ad un dirigente, hanno assunto in stazione il cugino del trans brasiliano solito sollazzo del suddetto dirigente e che il tabellone è stato tarato da costui con l'orario di Recife nel distretto del Pernambuco in sudamerica. 

Il sospetto ti sovviene quando, dopo un' attesa che l'emozione e la tempra di anni di vesuviana ti hanno fatto sembrare più breve del solito, la banchina è così piena da sembrare la scalinanta del tribunale di Milano dopo l'invasione degli onorevoli. Solo che al posto dell'inno qualcuno canta una melodia che sembra ricordare Symbolum 77 dal testo decisamente blasfemo però, tanto da riconoscere distintamente la violazione del secondo comandamento diverse volte. Il treno ha accumulato già un ritardo astronomico e allora vai a lamentarti dal personale in stazione il quale gentilmente ti spiega che, a causa dell'effetto lente gravitazionale dovuto al passaggio della cometa di Hale-Bopp, il tabellone ha riportato un orario sbagliato e che quindi ci sarà ritardo, ci sarà sciopero e che il treno prenderà fuoco alla stazione di Volla. Almeno questo è quello che ti sembra di aver capito tra il frastuono delle bestemmie e le scazzottate che intanto cominciano a svilluparsi qua e là. In verità il gentilissimo capostazione ha affermato testualmente: "[censura] [censura] me ne frega a me [censura] vedi di andare a [censura]. [censura]!". 

Per niente soddisfatto cerchi di affidarti al vecchio metodo  del passaparola tra i passeggeri su possibili buone nuove. 
Funziona così: appena arriva la notizia ognuno ha l'obbligo di comunicarla all'avventore successivo, non prima però di aver aggiunto un particolare di fantasia. Di solito varia a seconda dell'umore di chi lo inventa e può andare da un "Il treno è lì,  lo vedo!" a "Il treno è stato fatto prigioniero da un commando ceceno e stanno venendo qui per ammazzarci." Da tener conto che generalmente la notizia originale è comunque inventata di sana pianta. Così può accadere che, nel giro di mezz'ora, arrivino notizie di uno sciopero, di un'occupazione della linea, di una bomba, di un cedimento strutturale, di un fallimento della società, di un possibile passaggio di Ibrahimovic alla Juventus.

Ma eccolo, il treno è lì! Non è quello nuovo, pazienza, tanto quello nuovo ha sì i sedili imbottiti, ma solo 3 posti a sedere posizionati in testa, in coda e uno sul tetto raggiungibile tramite una botola segreta. Inizia la ressa, ma forte della tua stazza riesci ad occupare un posto a sedere passando avanti nell'ordine: ad una novantenne con baule al seguito, ad una donna incinta al nono mese, ad un bambino zoppo, a tua zia cieca che fai finta di non conoscere e scaraventi fuori dal treno. Ma, diamine, ti siedi! E non importa che siano seggiolini in vetrocemento duro come il diamante sponsorizzati dall'associazione italiana proctologi e che facciano venire le emorroidi, e non importa che è il posto di fianco alla signora in piedi con vistosi problemi ormonali che ti piazza l'ascella sulla testa e che l'odore potrebbe far fuori un toro da monta. Si parte e forse la giornata potrebbe migliorare. Ingenuotto.

Lo scompartimento è così pieno e le persone sono talmente pressate che si sente il moviemtno della gabbia toracica del ragazzino schiacciato contro il muro dal grassone con il vassoio di zeppole dall'altra parte del vagone. Almeno finchè respira. Ma che ti frega, tu sei seduto (anche se con la faccia deturpata dall'orrore dei fumi corporei della tua vicina). La situazione precipita, l'ossigeno latita, e, anche se fuori ci sono -2 gradi, dentro sembra l'interno delle fonderie dello zar. Non si resiste, il grassone mangia e suda (il ragazzino verrà portato in salvo tre giorni dopo dalla guardia costiera di Castellammare), la signora emana talmente tanti gas che ti viene il sospetto di star assistendo al primo evento documentato di evaporazione umana. Qualcuno urla, qualcuno ansima, qualcuno ha un infarto da zeppole. Passano le fermate e ad ognuna l'orologio segna un diverso fuso orario, arriverò in tempo? Quale tempo, sei in vesuviana! 

Il convoglio si ferma in una stazione innevata col nome in cirillico e ti chiedi da quanto tempo tu stia lì dentro e se la puzza ti stia facendo un brutto scherzo ai sensi. E la vocina metallica della signorina robot invita a "cambiare materiale". Il che non è un consiglio a chi sta tentando di rimorchiare in treno, tra una tastata involontaria e l'altra meno, a cambiare approccio. Vuol dire che si cambia convoglio e tu lo sai. Il "materiale" ha infatti preso fuoco, come da routine. Mentre il macchinista tenta di spegnere le fiamme coraggiosamente avviandosi al bar per poi fare filone al lavoro, si scatena la seconda ressa giornaliera per i posti. Ma sei troppo stanco per provarci e ti accontenti del posto vicino alle porte, quello in cui sei costretto a scendere ad ogni fermata e a litigare sia con quelli che salgono che con quelli che scendono, perchè ambo le categorie vorrebbero camminarti sopra, più per frustrazione che per comodità. E poi è una battaglia con le porte stesse per non farsi tranciare le dita alla chiusura. 

Dopo esserti giocato la funzionalità del mignolo della mano destra, la signorina metallica, stavolta in lingua Vogon, annuncia il capolinea e tu vedi il vecchio impiegato quasi alla pensione, che non piangeva da quando aveva ingravidato la moglie per sbaglio, asciugarsi una lacrima col fazzoletto delle tartarughe ninja.

Sei arrivato, l'orizzonte degli eventi è superato e tu, come un provetto Gagarin, sei un eroe pronto ad affrontare la sua giornata. 

Ma al ritorno col cazzo che ci risali, piuttosto ti arruoli sul serio nell'aviazione sovietica.


Charlot

lunedì 18 marzo 2013

Perchè dobbiamo


Cosa vuol dire far parte di una comunità? Cosa significa essere cittadini?

Facciamo parte di una comunità. Chiunque, volente o nolente, è parte integrante del tessuto sociale, è una cellula di un corpo più grande. Perchè ci è ormai impossibile vivere la nostra vita come in un solitario eremo, e forse lo è sempre stato. Da soli non siamo in grado di sviluppare la nostra esistenza e probabilmente nemmeno di sopravvivere.  E così diventiamo comunità.

Essere cittadini, quindi, vuol dire sopravvivere ed esistere. E' lampante la necessità di difendere la nostra, anche se piccola, polis. Sapere che esistono dei doveri e dei diritti e che i doveri vanno onorati ma i diritti compresi e difesi. E ripresi se necessario. Perchè ci sono delle cose che ci spettano. Allora il primo dei doveri è preservare i nostri diritti.

Riappropriamoci degli spazi e delle facoltà. E non perchè ci spettano, ma perchè dobbiamo.

 "Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferennti."


Nescius


domenica 17 marzo 2013

Lo sfogo


"Stavo cercando di pubblicare qualche immagine bella del nostro paese,o qualche foto di qualche struttura fiore all'occhiello ma purtroppo mi sono reso conto che se non vado a scavare in foto di circa 20 anni fa non ne trovo... Ormai nel nostro paese abbiamo solo strade con voragini enormi improvvise (via canalone), laghi artificiali (scuole elementari), strade dissestate un po' ovunque, strutture abbandonate o non più esistenti. Non abbiamo più un campo di calcio da più di 10 anni, una palestra scolastica abbandonata, un calcetto con una struttura adiacente non sfruttata a dovere dove magari tanti bambini e ragazzi potrebbero passare i loro pomeriggi e serata li invece di rinchiudersi nei bar a bere e fumare... Questo paese come la sua amministrazione é allo sfascio...
Ma gli unici colpevoli e gli unici che possiamo cambiare la situazione siamo noi LAUERATANI...
ps la mia é solo una riflessione spontanea su un blog creato da miei amici fraterni, niente di natura politica....!!!"


Giovanni

La cattiva strada



Che fine ha fatto la strada?

Continuano le misteriose sparizioni di proprietà pubblica. A farne le spese ora è addirittura un intero tratto di strada in zona P.I.P. scomparso nel giro di qualche settimana.
Ma si può considerare civile una società dove un giorno hai una strada e il giorno dopo qualcuno te l'ha fregata da sotto il naso?

E' vero, ognuno si arrangia come può ma a farne le spese non può essere sempre la comunità e comunque per il guadagno di pochi. I ladri stavolta hanno approfittato della pioggia per nascondersi agli occhi dei passanti: ad ogni temporale hanno portato via un pezzetto di asfalto. Se dei soliti ladri si tratta.

Gli abitanti del luogo non sono convinti e qualche malizioso azzarda che sia stato il politico di turno ad approfittarne e a usare la strada rubata per ricambiare un favore ad un magistrato connivente costruendo un vialetto asfaltato nella sua villa di Bel Air in California. E così si apre anche la pista dello sciacallaggio per il commercio estero di reperti del Bel Paese.

Ma c'è anche una terza pista: Roberto Giacobbo, nell'ultima puntata di Voyager, ha messo insieme i pezzi del puzzle e ha illustrato la sua teoria secondo la quale una razza aliena superintelligente sta rubando pezzi di strada nei piccoli comuni per costruire una passerella colossale con la quale condurre l'umanità nelle loro astronavi giganti a forma di natiche.

Sarà vero?
Alla fine dove c'era una strada ora c'è solo un altro mistero e tanti disagi per la popolazione.



Ma i nostri detective hanno aggiunto anche questo alla loro lista.


STAFF GIRAFFA

P. S.
Se avete qualche mistero da segnalare scriveteci, vi invieremo i nostri investigatori e lo pubblicheremo nella rubrica "Che fine ha fatto?"

sabato 16 marzo 2013

Craxi e lo stato dei luoghi





Mi viene in mente la vicenda accaduta qualche mese fa a pochi metri da qui. Un gruppo di vandali imbrattò la targa che intitola la strada a Bettino Craxi. 

Una scritta in tutta la sua lunghezza: LADRO. Inequivocabile, lapidaria.
Una goliardata insomma, ma che non si risparmiò di scatenare feroci polemiche di qualche politicante nostalgico dei fasti e delle grandi abbuffate socialiste. Ricordo anche la furia di uno di questi, evidentemente toccato dalla triste storia di infamia:

«...Al ruolo che ha avuto Craxi nella storia, che non può essere messo in discussione da chi ha imbrattato in modo vergognoso quella targa. Per questo chiederò al commissario prefettizio di intervenire per ripristinare lo stato dei luoghi, altrimenti saremo costretti a farlo noi». 

Io però resto perplesso: senza volermi schierare dalla parte di chi ha compiuto l'atto, di cosa veramente ci si sta indignando? E siamo sicuri che questo tizio ha bene in mente la vera situazione dello "stato dei luoghi"?
Giusto per fare chiarezza Benedetto Craxi detto Bettino fu segretario del PSI e presidente del consiglio dal 1983 al 1987. Indagato, e successivamente condannato, per tangenti nell'ambito dell'inchiesta Mani Pulite, fuggì in Tunisia per sfuggire all'arresto scaduta l'immunità parlamentare in seguito alla sua mancata elezione. In pratica latitante in esilio per tutta la vita, ospitato dal dittatore Ben Ali, suo intimo amico e deposto dai movimenti della Primavera Araba nel 2011. Questo era il compianto Bottino, oops Bettino, fuggito a gambe levate per paura delle patrie galere.

Purtroppo l'indignazione è un sentimento strano, poco lineare. Cosa ci scandalizza, cosa riteniamo normale, cosa no, cosa ci fa tremare i polsi non è sempre unanime e a volte è influenzato dall'ipocrisia. E qualcuno si indigna perchè degli anonimi aggiungono un dato ad una biografia. Per carità, va bene, è comprensibile.

Niente però lo sfiora quando parla dello "stato dei luoghi" e della situazione a cui era costretto a far da patrono l'amato leader del garofano. Via Bettino Craxi è di fatto uno scempio e un fallimento. E' uno scempio perchè è ormai ridotta a una discarica e un fallimento perchè dell'"insediamento produttivo", di cui la strada doveva essere sede, non se ne è mai vista nemmeno l'ombra. Senza considerare l'incuria degli ultimi mesi che costringe gli automobilisti a gare di cross country. E vogliamo dimenticare l'imponente struttura di proprietà incerta, costruita con soldi pubblici e mai addivenuta ad un qualsiasi impiego nonostante le mirabolanti e contraddittorie proposte degli ultimi tempi? E l'accumulo di rifiuti edili (argh, amianto???) nascosto dalle erbacce ormai alte come persone? 

Ebbene si invoca immeditamente il ripristino dello stato dei luoghi (al commissario a cui dobbiamo l'incuria)! Per la targa, non per il resto, non vi allarmate.

Intanto di rifiuti si muore, ma anche di ladri.


Charlot

venerdì 15 marzo 2013

Il lago misterioso



Che fine ha fatto il tombino?

Da qualche settimana cittadini, passanti e scolaretti si chiedono come e dove sia sparito il tombino di via Principe Amedeo.
Si susseguono voci allarmate: ormai nemmeno i tombini possono star fermi senza che   qualcuno se li porti via. Sará la crisi, sará la chiusura delle fonderie.
I piú sospettosi avanzano la teoria complottista: é stato qualche politico che ha sostituito la vecchia grata con un lago miracoloso per fare un favore ad una nota ditta di acque minerali in cambio della solita tangente. Possiamo fidarci?

Il laghetto intanto esiste e si gonfia e si sgonfia a seconda delle piogge.
É giusto scambiare la sicurezza dei bambini delle scuole elementari con i favori alle aziende di acque minerali?
E perché nessuno indaga? Come mai le massime autoritá comunali ignorano il fatto (come tutto del resto)?

I nostri investigatori sono giá all'opera.


STAFF GIRAFFA

Lo sguardo da giraffa

Serata di marzo, fa freddo e piove. Una pioggia sottile e costante, taglia la faccia, è quasi neve e noi siamo in tre e non sappiamo dove andare. Di stare all'aperto non se ne parla, tempo da lupi. E noi non siamo lupi.


"Sai"- alla fine esce fuori un argomento- "nello scontro politico e sociale chi vuole essere lupo, chi vuole essere leone, si sentono più forti. Noi no, niente di tutto ciò, noi dobbiamo essere giraffe, con la testa più in alto di tutti e la visuale più ampia. Guardare lontano."

Nessuna presunzione, la nostra è necessità, la necessità di uno sguardo oltre, obiettivo, partecipe ai fatti e alle problematiche che viviamo. Per capire o per provarci e per cambiare o per tentare.

Perciò da stasera siamo diventati giraffe.

Charlot