mercoledì 3 aprile 2013

L'eterno tramonto

Guardando ad ovest, oltre le colline più basse, il chiarore del tramonto sembra non scomparire mai. Resta sempre un enorme alone rosso che illumina pallidamente la notte ed oscura le stelle in quella direzione. Non è un mistero stavolta, è semplice.

Viviamo ai margini dell'area urbana tra le più densamente popolate del mondo, la più grande d'Italia. Quel bagliore è vivo, è segno delle tre milioni di persone che ci vivono, è la lampada sul comodino, sono i fari di una macchina, il lampione sulla strada, le luci del computer di un nottambulo che scrive. Non si può spegnere, è un'aurora permanente, inquinamento luminoso, quasi romantico però, che rende gli astri piccoli piccoli ma che, al pari degli stessi, ci indica la posizione.

Una valle scura che taglia di netto la periferia che diventa provincia, campagna, infilata tra i primi contrafforti dei monti che verso est la fanno da padrone. Un buco. La valle dell'eterno tramonto. Sembra quasi il titolo di un romanzo d'avventura. Ma di quel romanticismo non è riuscita a conservare nulla o quasi.

Può sembrare un'oasi ma non lo è. Poteva essere un luogo incontaminato ma vicino, un'isola ai confini della città ma non è così. In realtà è solo un pezzo dimenticato, isolato, non integrato. Lontano anche se è lì.

E' l'eterno tramonto, declino inesorabile per chi non è riuscito a sfruttare l'essere diverso ed è diventato estraneo, altro, assente.


Speriamo di no, speriamo che passi la nottata.



Nescius